Museo Utensilia - Morro d'Alba (AN)
Una raccolta ragionata e documentata degli oggetti dei mezzadri per raccontare e spiegare la cultura, le tecniche di costruzione e di produzione nel territorio mediocollinare marchigiano. Un mondo autarchico, capace di soddisfare i propri fabbisogni e vivere in perfetta integrazione con il mondo naturale circostante.
L’esposizione della nuova sede del Museo Utensilia, ordina materie prime, sistemi di lavorazione e processi costruttivi sopravvissuti fino a pochi decenni or sono nel podere mezzadrile marchigiano.
Museo Utensilia
Nei sotterranei della cinta muraria di Morro d'Alba chiamata La Scarpa è stata allestita la nuova sede del Museo "Utensilia". Un ambiente di grande suggestione costituito da una fitta rete di cunicoli e androni, anche a più livelli, che si dirama sotto il centro murato, raggiungendo notevoli profondità e delineando, in alcuni casi, una qualità costruttiva superiore agli edifici soprastanti per la concatenazione infinita di stanze con volte a botte e scalinate. C’è anche chi ipotizza che l’uso di tali ambienti sia legato ad antiche tecniche anti-ossidionali, atte cioè a resistere agli assedi, e chi, in funzione delle articolate geometrie sotterranee, ipotizza significati più misteriosi ed esoterici.
Il primo livello di grotte, quello superiore dove viene presentata la collezione del Museo, risale al 1600, quando ormai le mura avevano perso il carattere difensivo dei secoli precedenti, ed è composto da una serie di stanze che alternano coperture con solai di travi di legno, a grotte con ampie volte a botte cilindrica o ribassata, con la presenza di numerose nicchie e pozzi d’acqua. Questi locali lasciano filtrare luce e aria da piccole finestre che si affacciano lungo tutto il perimetro della cerchia muraria e che vennero probabilmente aperte per garantire la ventilazione degli ambienti.
Il secondo nucleo di sotterranei, quello ancor più in profondità rispetto al livello delle grotte settecentesce, risale probabilmente al 1300-1400, epoca della prima edificazione della Scarpa, e presenta una struttura molto più omogenea. Sono ambienti completamente autonomi, che non hanno alcuna affinità con le grotte soprastanti; piccole gallerie di altezza e larghezza costante che procedono diritti e si intersecano tra loro in maniera cruciforme.
Il Museo si apre con l’esposizione degli attrezzi del fabbro che fabbricava e aggiustava, elaborando anche le armi antiche, tutti gli strumenti necessari al lavoro nei campi, alla casa colonica e agli animali. Nella sala è stata riproposta la sua bottega, arredata con strumenti quali il mantice, la forgia, l’incudine e tutte le attrezzature necessarie alla realizzazione degli utensili come ferri da cavallo e da bovino, roncole, martelli, coltelli, forbici, tagliole, trivelle, campanacci, picconi, falci fienaie, falcini e tagliafieno.
materie prime
La seconda sala è dedicata ai piccoli prodotti artigianali realizzati dai contadini nei periodi di minor lavoro nei campi, come l’impagliatura di sedie, la produzione di cesti, cestini, crini e crinelle, e gabbie per uccelli, tutti realizzati con il sapiente intreccio dei vimini e l’ausilio di altri ramoscelli flessibili, come la canna o la ginestrella, che conferiscono l’adeguata forza e duttilità alla struttura dei manufatti. Di particolare interesse gli strumenti musicali, come gli zufoli e le raganelle realizzati con assemblaggi di canne e legno.
La terza sala presenta una raccolta delle materie prime come legno, pietra, canna, vimine, ginestra, ginestrella, biancospino, saggina e canapa, facilmente reperibili nel territorio circostante alle aree coltivate e utilizzati per la costruzione di mobili per la casa e attrezzi da lavoro, lavelli, cesti, scope e tessuti per la confezione degli abiti e della biancheria.
La quarta sala vede protagonista il telaio, sul quale le donne trascorrevano parte dei mesi invernali per tessere lana, mezzalana, canapa, cotone e lino. Le tele prodotte coprivano il fabbisogno familiare e con esse si provvedeva anche alla composizione del corredo nuziale, spesso rifinito con preziosi ricami. La lana veniva lavorata con l’aiuto della cardatrice e poi filata con fusi e arcolai per la confezione degli abiti invernali.
Si passa alla presentazione dei mezzi di trasporto e di lavoro, con il tipico biroccio marchigiano, trainato dai buoi e decorato, secondo la tradizione locale, con motivi floreali, l’immagine di Sant’Antonio Abate e la “pupa”. Per i lavori nei campi veniva spesso impiegata la treggia, una rudimentale slitta di legno, sempre trainata dai buoi aggiogati, e la carriola|http://it.wikipedia.org/wiki/Carriola|it| per i tragitti più brevi.
L’esposizione procede con la sala dedicata alla produzione enologica, di grande tradizione a Morro d’Alba, dove si trovano un antico torchio, completamente realizzato con il legno di quercia e di olmo, le botti di rovere (Quercus petraea), i rubinetti, gli imbottatori, con i quali si metteva il vino nella botte e che venivano direttamente scavati nel legno, i bigoncini per il trasporto e la pigiatura dell’uva, le bottiglie e le damigiane di vetro rivestite di corda o con sottili listarelle di canna.
A seguire la sala dedicata agli attrezzi da cucina, con l’impastatrice, il macinapomodoro, i setacci per le farine, i mortai, le pale da forno, le stoviglie di legno e le ciotole con i buchi sul fondo destinate alla produzione del formaggio.
A conclusione dell’esposizione si trovano gli attrezzi da lavoro per i campi; un antico aratro e l’assolcatore, entrambi trainati dai buoi aggiogati, e una ricca collezione di forconi, rastrelli, pale, vanghe, zappe, falci, roncole per la potatura di piante e alberi, tutti plasmati e corretti secondo l’utilizzo specifico al quale si intendeva destinarli. Un’ultima particolarità è data dai trefoli e dai torcitoi utilizzati per la fabbricazione delle corde.