Botte Da Varano e Condotto Romano – Serravalle di Chienti (MC)
La Botte dei "Da Varano"
La botte dei Varano è un'importante opera idraulica realizzata negli anni 1458-1464 che si trova nel territorio del comune di Serravalle di Chienti (MC) e prende il nome dai Varano, signori di Camerino.
Si tratta di un complesso emissario artificiale che fu fatto scavare da Giulio Cesare Varano su progetto di ingegneri idraulici fiorentini con lo scopo di bonificare l'altopiano di Colfiorito, piano di natura carsica. Tuttora le acque che vengono raccolte dai canali che si diramano su tutto l'altopiano, dopo un percorso sotterraneo di circa 200 m di lunghezza, danno origine al fiume Chienti a monte di Serravalle.
Condotto romano
Durante la ricostruzione seguita al terremoto del 1997, un nuovo collettore sotterraneo parallelo ha sostituito la botte dei Varano che, dismessa, è stata sottoposta a lavori di restauro e consolidamento su progetto dell'architetto Giulio Andrea De Santis, realizzato sulla base di molta documentazione storica. Durante la costruzione della nuova opera è stato scoperto un altro condotto parallelo alla botte, realizzato in travertino in epoca romana, del quale era andata persa la memoria. L'ingresso di questo condotto, posto circa a 300 metri dal primo e a circa 2,5 m di profondità, è stato portato alla luce in una campagna di scavo della Soprintendenza archeologica di Ancona.
Appena superate le rampe sottostanti il castello di Serravalle si sbocca in un vasto altopiano, coronato di monti, rigoglioso di verde: è il piano di Colfiorito a cavallo fra le Marche e l'Umbria, ma appartenente al versante adriatico. La vasta pianura era un tempo occupata da un lago, la cui superficie andò poi via via, restringendosi, fino a che scomparve del tutto per la bonifica di Giulio Cesare Varano, signore di Camerino, che alla fìne del 1400 fece scavare, con ingente spesa, un emissario artificiale, opera gigantesca per il tempo, attraverso il quale dovevano scolare le acque ed essere così prosciugato il piano. Ancora oggi è possibile ammirare questo lavoro di ingegneria idraulica, la così detta « botte », che dopo tanti secoli continua ad assolvere egregiamente il suo compito.
Tratto da "Serravalle di Chienti - I quaderni dell'Appennino Camerte", A. M. Micozzi-Ferri
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"Un capolavoro di ingegneria idraulica"
Localizzato il collettore romano della piana di Colfiorito.
Già all'indomani degli eventi sismici del 1997 la Soprintendenza Archeologica per le Marche aveva più volte auspicato che la notorietà acquisita da alcune località della regione "grazie" al terremoto (come Cesi e Collecurti, poco o per nulla conosciute al di fuori delle Marche), abbracciasse anche Serravalle di Chienti (provincia di Macerata), così da poter finalmente valorizzare il patrimonio archeologico e paleontologico di questo territorio. In realtà, come vedremo, è stato poi il terremoto stesso, o, per meglio dire, i lavori di ricostruzione ad esso legati, che hanno aumentato la conoscenzae la consistenza di questo partimonio, con ritrovamenti che non esitiamo a definire di eccezionale interesse. È il caso della scoperta che ha avuto luogo a Fonte delle Mattinate, in seguito ai lavori di costruzione del nuovo scolmatore per le acque della piana, reso necessario a causa della parziale ostruzione, dovuta al sisma, della "Botte di Varano". La realizzazione del nuovo collettoreha fatto scoprire l'esistenza di una prima struttura realizzata a tale scopo almeno 1400 anni prima della stessa Botte di varano. Il manufatto, lungo circa 1 km, è costruito nella massima parte in galleria, con blocchi di travertino (proveniente probabilmente da qualche località vicina) regolarmente squadrati. All'interno è alto quasi 2 m e largo 1 m circa. I blocchi, che formano anche la volta, sono posti in opera a secco (cioè senza l'impiego di alcun legante, come per esempio la malta), ma era previsto che la natura stessa del travertino, con lo scorrimento delle acque, favorisse la saldatura dei conci fra loro. L'opera, con ogni probabilità riferibile alla prima età imperiale, era destinata ad assicurare un deflusso controllato delle acquedella piana di Colfiorito (il lacus Plestinum che conosciamo dalle fonti letterarie antiche) per evitarne impaludamenti o inondazioni (a esso dovevano pervenire, da tutta la piana, canali a cielo aperto). Si tratta di un'opera di altissima ingegneria, anche perchè realizzata interamente con uno scavo mirato e in galleria, senza l'ausilio di pozzi di traguardo. Opere del genere sono ben note nel mondo romano, ma non frequenti di queste dimensioni: si rimanda, per opere analoghe, a quella per la regolamentazione del Bacino del Fucino. Il collettore dovette rimanere in uso fino al tardo impero, come ci confermano le datazioni assolute effettuate con il metodo del C14. In quell'epoca, forse danneggiatosi a causa dei movimenti del terreno, il condotto fu raggiunto e riparato con un grande scavo a cielo aperto, ma poi, alla fine dell'età antica, esso si ostruì definitivamente. Allo stesso scopo fu quindi costruita, nel Rinascimento, la Botte di Varano. La relazione fra la Botte e il collettore è ancora da verificare, come anche quella con un altro tratto di collettore individuato presso il loro imbocco. La costruzione dello scolmatore moderno intercettava necessariamente in un punto il manufatto antico; da qui la necessità di raggiungere tale intersezione con un grande sbancamento. Avendo peraltro accertato che proprio in tale area il manufatto risultava parzialmente dissestato, e considerata indifferibile l'esigenza di pubblica utilità del completamento della nuova galleria, si decideva, pur a malincuore, di smontare un tratto di collettore e permettere l'attraversamento. In compenso proprio tale by pass potrà forse costituire uno degli accessi per una futura auspicabile visitabilità del collettore roamno, che potrebbe costituire una notevole attrattiva turistica.
Dalla Rivista ARCHEO204 articolo di Giuliano De Marinis Mara Silvestrini.